Ricatto emotivo: l’arma per controllare una persona cara?

Instaurare relazioni interpersonali soddisfacenti contribuisce, sicuramente, al nostro benessere ed è quindi comprensibile che si cerchi di fare il possibile per mantenerle salde nel tempo.

Tuttavia le relazioni interpersonali, a volte, sono accompagnate da aspetti non immediatamente riconoscibili, che condizionano il nostro agire, la nostra libertà, il nostro stato d’animo e in definitiva il nostro benessere. Tra questi, un aspetto fondamentale è il ricatto morale.

Si tratta di una potente forma di manipolazione in cui una persona a noi vicina minaccia, in modo diretto o indiretto, di punirci se dovessimo disattendere le sue aspettative. In genere questo tipo di ricatto è messo in atto proprio dalle persone con cui si hanno relazioni strette, persone alle quali si è legati e che vogliono ottenere da noi qualcosa che non rispecchia le nostre esigenze. Il ricattatore è una persona che conosce molto bene come siamo fatti, non per niente è sempre una figura alla quale siamo legati affettivamente, e che sa perfettamente quali sono le nostre debolezze al punto da far leva su queste per poi fiaccarle totalmente. Infine, insinua in noi il senso di colpa, facendoci sentire responsabili per il suo malessere quando disattendiamo le attese.

Nel suo libro Emotional Blackmail (ricatto emozionale), Susan Forward sostiene che in qualsiasi modo venga espresso il ricatto, il messaggio sottostante è sempre lo stesso ovvero: se non mi darai quello che voglio te la farò pagare, quindi ti punisco minando la relazione che ci unisce.

Il sostrato su cui si muovono tutti i ricattatori è la paura che ha l’altro, paura di perdere la persona a cui tengono, del cambiamento, di essere respinti, di perdere potere all’interno della relazione, di non esistere senza l’altro, di morire senza l’altro.

Secondo Forward esistono quattro categorie di ricattatori:punitivi , autopunitivi , vittime e seduttori.

I punitivi. Ci fanno sapere esattamente quello che vogliono e le conseguenze a cui andremo incontro se non saremo accondiscendenti. Tipiche espressioni di questo tipo di ricattatori sono ad esempio: Se accetti quel lavoro me ne vado, Se mi lasci non vedrai più i bambini, Se non accetti di fare gli straordinari scordati pure la promozione.

Gli autopunitivi. Mettono in atto ricatti più sottili e fanno leva sulla nostra compassione e il nostro sentirci responsabili per loro. Il loro ricatto si esplica nell’informarci che se non facciamo quello che vogliono ne saranno così turbati da non riuscire più a comportarsi normalmente. In questo senso possono anche minacciare di danneggiare la loro vita, di farsi del male, mettere in pericolo la loro salute e felicità.

Le vittime. Non fanno minacce e neppure minacciano di farsi del male, tuttavia ci tengono a farci sapere in modo inequivocabile che se non facciamo quello che vogliono, loro soffriranno e la colpa sarà solo nostra.

I seduttori. Si tratta del tipo più subdolo di ricattatori: sono quelli che ci incoraggiano, ci promettono amore o denaro o carriera e poi ci chiariscono che, se non ci comportiamo come vogliono loro, non riceveremo nulla.

In realtà non ci sono confini netti fra i diversi tipi di ricatto e in genere i ricattatori sono molto abili nel mascherare la pressione esercitata per ottenere quello che vogliono al punto che quando la vittima designata se ne rende conto tende a mettere in dubbio la sua percezione a scapito di quello che sta accadendo realmente. Di conseguenza, ci si sente a disagio, usati e defraudati della propria libertà. In questi frangenti, si corre il rischio di avere dubbi sulla propria capacità di fare quello che veramente si vuole, e che fa star bene, mettendo in discussione la propria autostima.

A volte non ci si rende conto di essere imbrigliati in questo tipo di dinamica manipolatoria, altre volte si può essere consapevoli del ricatto, ma non riuscire comunque a farvi fronte in quanto tocca punti deboli. Per questo si reagisce secondo modalità che sono state apprese a partire da esperienze già vissute e che favoriscono il perdurare del ricatto. Alcuni di questi punti deboli sono, ad esempio:

  • un bisogno eccessivo di approvazione da parte delle persone a cui vogliamo bene che ci spinge a fare quello che ci chiedono seppur sia diverso da quello che effettivamente vorremmo.
  • il bisogno di mantenere la pace ad ogni costo evitando qualsiasi tipo di conflitto.
  • la tendenza ad assumersi troppe responsabilità per la vita degli altri che ha sovente per corollario il sentirsi in colpa per qualsiasi cosa minacci il benessere della persona con cui siamo in relazione.
  • la tentazione di rinunciare al proprio benessere e ai propri desideri pur di non veder soffrire la persona che amiamo; quest’ultima, forse più delle altre, è una dinamica che porta a restare imprigionati nei bisogni psicologici dell’altro perdendo la capacità di analizzare i problemi e la possibilità di capire come risolverli al meglio.

In ogni caso è forse opportuno sottolineare che in genere i ricattatori non sono dei mostri, raramente sono spinti dalla cattiveria, il più delle volte, agiscono sull’onda di una profonda paura che a loro volta provano e che controllano proprio perpetrando il ricatto. Indubbiamente, si tratta di una modalità relazionale sicuramente disfunzionale, non solo per la persona ricattata, ma a lungo andare per la relazione stessa e quindi anche per il ricattatore. Quindi, appare evidente quanto sia importante uscire da questa modalità relazionale.

Come uscirne. Il primo passo è quello di riconoscere cosa sta succedendo e rendersi conto di trovarsi implicati nelle modalità relazionali di un ricatto morale; il secondo passo è dato dal cercare di capire quali sono le profonde motivazioni da cui traggono origine tali modalità e infine è essenziale cercare di correggere i comportamenti che ci fanno star male.

In tale processo è assolutamente essenziale fare chiarezza, quindi definire la propria posizione all’interno della relazione, mettere in luce i sentimenti che si provano, affermare ciò di cui si ha bisogno, indicare ciò che si è o non si è disposti ad accettare, dare la possibilità all’altro di esprimersi allo stesso modo e quindi lasciare all’altro la possibilità di scegliere liberamente ciò che intende fare rispetto al perdurare della relazione stessa, accettando poi le sue decisioni.

Da questo punto di vista è essenziale saper accettare il cambiamento, saper rischiare e tollerare che un comportamento adeguato possa anche avere come risultato immediato, seppur provvisorio, un disagio ancora maggiore rispetto a quello già esperito; tutto questo in vista di un maggior benessere personale e di un miglior funzionamento delle relazioni nelle quali siamo implicati.

L’uomo è un animale dotato di ragione: il suo bene lo attua appieno, se adempie al fine per cui è nato. Che cosa esige da lui questa ragione? Una cosa facilissima: che viva secondo la natura che gli è propria.