ATTACCHI DI PANICO

T. chiede una consulenza psicologica perché le è accaduto di avere degli attacchi di panico e di essere particolarmente ansiosa quando deve affrontare determinate situazioni.

In particolare, la paziente riferisce che pur studiando molto per sostenere gli esami all’università, quando sta per giungere il giorno dell’esame inizia a sentirsi via via sempre più agitata. L’ansia è crescente fino al punto da impedirle di recarsi all’università per sostenere l’esame. Questa incresciosa situazione si è ripetuta per ben tre volte così la paziente, essendo molto preoccupata, ha deciso di chiedere aiuto. Inoltre, parallelamente a questi episodi

T. si è sentita particolarmente in ansia e a disagio quando le è capitato di stare con i suoi amici o
conoscenti, dice di sentire uno stato di preoccupazione generale, come se le dovesse capitare qualcosa di brutto da un momento all’altro. In una di queste situazioni di socialità, la paziente ha avuto un vero e proprio attacco di panico che l’ha portata a fuggire da un locale, non sapendo in quale altro modo affrontare la situazione.

Il disturbo da attacchi di panico o crisi di panico, manifestato da T., è caratterizzato da episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Queste emozioni si accompagnano a una serie di sintomi fisici, che spesso i pazienti associano ingenuamente all’attacco cardiaco. Alcuni di questi sintomi sono le palpitazioni, la sudorazione improvvisa, il tremore, la sensazione di soffocamento, il dolore al petto, la nausea, le vertigini, brividi o vampate di calore, accompagnati alla paura di morire o di impazzire.
Gli attacchi di panico come osservato in T., possono essere ricorrenti e inaspettati e il primo lo è senza ombra di dubbio. Spesso come è accaduto per la paziente, l’attacco di panico viene associato ad una situazione specifica (situazione d’esame/stare in mezzo agli altri), e ciò porta a sentire un’ansia anticipatoria, che viene chiamata “paura della paura”, a cui si trova come unica soluzione, l’evitamento delle situazioni temute.
Ma nonostante ciò la sensazione di paura non sembra placarsi, perché la persona vive con la sensazione e la paura di poter sperimentare di nuovo il panico. Questo induce il paziente a modificare il proprio comportamento e ad a volte anche lo stile di vita, evitando tutte le situazioni che potenzialmente potrebbero scatenare l’ansia ma così divenendo schiavo del panico.

A tutto ciò consegue un forte senso di frustrazione, di auto svalutazione per non essere più in grado di fare le cose in modo autonomo e di castrazione per il non riuscire a portare avanti i propri impegni e obiettivi. Se protratta nel tempo questa condizione può portare a sviluppare anche una depressione secondaria. Il disagio generato dagli attacchi di panico spesso si accompagna a un forte senso di vergogna e timore che il malessere possa essere percepito dalle altre persone, favorendo il consolidarsi di un’ immagine di sé “debole”.

COME SI CURA IL DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO

Per curare questo disturbo si può ricorrere alla terapia farmacologica a base di benziodiazepine e
antidepressivi, spesso associati. Ma la sola cura farmacologica è spesso sconsigliabile infatti, alcuni di questi farmaci possono dare forte dipendenza e mantenere inalterato il disturbo, se parallelamente non si effettua una psicoterapia.

Attraverso il lavoro di psicoterapia si ha modo di comprendere le motivazioni psicologiche che determinano la reazione di panico nel paziente e il suo vissuto d’ansia. Spesso le situazioni in cui il panico e l’ansia si manifestano sono indicative di qualcos’altro che agisce a livello più profondo nella persona.

Esse rappresentano per così dire la punta dell’icerberg, ossia la parte visibile di impulsi, emozioni e sentimenti di cui la persona non è consapevole, che chiamiamo a ragion veduta la parte sommersa. In psicoterapia il punto di partenza è la “situazione manifesta” (quella che ha generato il panico), nel contesto della storia di vita del paziente e dei suoi complessi irrisolti.

Da cui si procede per comprendere il significato simbolico/metaforico della situazione “impanicante” e dunque le implicazioni nella vita concreta della paziente.